Bradley Cooper, l’attore più sopravvalutato degli ultimi anni, interpreta ascesa e caduta di un eroe americano. E’ questo che si pensa ingenuamente di vedere in American Sniper: l’ennesimo racconto preconfezionato dei Buoni, portatori sani di democrazia, (parafrasando Giorgio Gaber ndr) al cospetto dei Cattivi che hanno osato attaccare New York l’ 11 settembre 2001.
Ma è proprio qui che Clint Eastwood ci sorprende, mischiando le carte in tavola e meritandosi il plauso di critica e pubblico. In 134 minuti di pura adrenalina e violenza mai gratuite ma semplicemente reali, il regista repubblicano più democratico che ci sia ci spiega che “la guerra è bella anche se fa male” è soltanto il ritornello di una canzone di un tempo che non esiste più, di un passato glorioso che riposa nei libri di storia: nel mondo di oggi essa è solamente una condanna senza appello, su tutti i fronti.
Finalmente una parte di America si sta guardando allo specchio, facendo i conti con ciò che non si è mai potuto dire.
Portando lo spettatore dentro l’incubo con una tensione drammatica che si dispiega, crescente e senza pause, nei quattro turni in Iraq, le immagini asciutte che entrano in profondità grazie anche all’ottima colonna sonora, ci urlano in faccia che persino i più strenui sostenitori dell’ offensiva armata, gli “invincibili”come Chris Kyle, cowboy texano diventato uno dei migliori cecchini degli U.S.Navy Seals, i cani da pastore che si distinguono da lupi e pecore in questo mondo buio,sono destinati a cadere sotto i proiettili di quei fucili che loro stessi hanno imbracciato.
D’altra parte i reduci affetti da disturbo post traumatico da stress non sono anch’essi vittime irrecuperabili al pari dei caduti sul campo?
Voto 4/5