Ciò che provava era già più simile alla quiete mortale che segue il disastro che al tumulto del disastro medesimo. Capiva di aver creduto per qualche ora, durante quel pomeriggio, all’amore; e si rendeva conto di aggirarsi, invece, in un mondo profondamente sconvolto e inaridito, in cui il vero amore non si dava, ma soltanto rapporto dei sensi dal più naturale e comune al più abnorme e insolito.Non era stato amore, certo, quello di Lina per lui […]
In questo mondo balenante ed Oscuro, simile ad un crepuscolo tempestoso, queste figure ambigue di uomini donne e di donne uomini che si incrociavano raddoppiando e mescolando la loro ambiguità, sembravano alludere ad un significato anche esso ambiguo, legato, tuttavia, come gli pareva, al suo destino e alla comprovata impossibilità di uscirne.
Poichè non c’era amore, soltanto per questo, egli avrebbe continuato ad essere quello che era stato sinora, avrebbe portato a termine la missione, avrebbe persistito nell’intento di crearsi una famiglia insieme all’animalesca e imprevedibile Giulia.
Questa era la normalità: questo ripiego, questa forma vuota. Al di fuori di essa, tutto era confusione e arbitrio.
Alberto Moravia: “Il Conformista”, 1951