Holiday

In quel capolavoro di trilogia a cui avevo dedicato un articolo anni fa, Jean Claude Izzo scriveva che di fronte al mare la felicità è un’idea semplice.

Hydra

Potrei aggiungere che, per me, nulla come la possibilità di fuggire su un’isola, parafrasando Houellebecq, è in grado di risintonizzarmi con la mia personale idea di gioia…e così sono partita, dopo un anno interminabile e faticoso, zoppicante ed incerto: la prima ad accogliermi è stata Formentera, un regalo inaspettato in un luglio troppo rovente per restare in città. Ho messo da parte i miei pregiudizi da meta per calciatori ed influencer e ho ritrovato i colori della mia amata Pantelleria, smorzati dalla dolcezza delle spiagge e da un’atmosfera tutt’ altro che spagnola, ma semplicemente mediterranea…

Canapepa, Formentera

Capisco di essere nel luogo che fa per me ogni volta in cui non mi serve del tempo per adattarmi al nuovo, ma sin da subito il mio ritmo interiore è perfettamente sincronizzato con l’aria che respiro…Una rivelazione, come è stato Holiday, romanzo di Stanley Middleton pubblicato per la prima volta in Italia soltanto adesso, dopo quasi mezzo secolo di oblio…

Stanley Middleton, Holiday

La vera fuga, però, è iniziata ad agosto, con una prima tappa nell’approdo/rifugio di Antiparos…Bisogna ricordarsi di tornare sempre nei luoghi che ci hanno fatto stare bene e quindi non potevo non partire da quest’isoletta che non è la più bella che abbia mai visto, ma è sicuramente tra quelle dove mi sono sentita più a casa…Ogni volta ritrovo gli amici fedelissimi dell’isola e anche quelli che non mi aspettavo di incontrare, con un “Anche tu qui?” che rende tutto ancor più vicino e familiare.

Se Agios Georgios, con le sue case che guardano il tramonto, lontane dal brulichio sommesso della chora, resta sempre il mio angolo preferito, la deriva vagamente posh che, anno dopo anno, sembra alzarsi come un’onda anomala dalle nuove costruzioni esclusive come il boutique hotel The Rooster, inaugurato proprio quest’estate, finisce per smorzarsi, seguendo la corrente semplice e circolare del posto…

The Rooster, Antiparos

Mentre le mattine alternavo lo yoga flow alla corsa, il pomeriggio mi faceva compagnia un “amico” francese, Emmanuel Carrère, tornato al romanzo interamente autobiografico, dieci anni dopo “Vite Che Non Sono La Mia”…

Emmanuel Carrère, Yoga

Forse si è trattato del fastidio per aver abbandonato quell’atmosfera sospesa, ma l’impatto con Paroikia non è stato dei migliori. Caotico e strillante, il porto è stato il perfetto biglietto da visita di Paros, troppo grande per gli standard della mia prima regola in fatto di isole: The Smaller The Better. Anche il target dei turisti fatica ad identificarsi: giovani e giovanissimi, famiglie con prole, gruppi eterogenei e coppie di passaggio affollano le spiagge da cui sono fuggita, per arrampicarmi sugli scogli sopra Monastiri fino a trovare nell’ultimo lembo di sabbia a Lageri un angolo di quiete…

Ho accuratamente evitato di addentrarmi nei vicoli della chora, tanto i ristoranti migliori di Naoussa, Kapari, Le Sud ed Open Garden, sono all’inizio della discesa…agli inferi 😉

Poi inspiegabilmente, anche lì sono riuscita ad accordare una parte di me con la mondanità che non stavo cercando ma di cui (forse) avevo bisogno: le notti spese tra Fotis e Linardo, a chiacchierare con sconosciuti arrivati spesso dall’altra parte dell’Oceano mi hanno fatto letteralmente dimenticare la pandemia e lo stato d’emergenza ininterrotto.

Ho posticipato la lettura del terzo libro al mio rientro in città, non mi sarei goduta a pieno “L’Invenzione Del Suono”, il ritorno al romanzo di Chuck Palahniuk che attendevo da tempo…

Così sono arrivata a Sifnos, totalmente impreparata su ciò che mi aspettava, e mi sono trovata a Kastro, che, con le sue pareti bianche e le scale infinite, con le signore anziane che chiacchierano sui balconi che si affacciano sulle viuzze deserte, con la quasi totale assenza di negozi e con un ristorante, il Cantina, che annovero tra i più belli e buoni in cui ho cenato negli ultimi anni, è il villaggio perfetto di un’isola piena di fascino….

Kastro, Sifnos

Cantina restaurant, Sifnos

Le meravigliose salite e discese, il mare tinto di verde smeraldo sugli scogli dolci di Chrisopigi e sulla spiaggia dorata di Vathi , il pellegrinaggio alla Chiesa dei Sette Martiri in compagnia dei gatti prima di tuffarsi dall’alto e ritrovarsi in una fotografia di Slim Aarons : ogni cosa profumava di quella felicità che stavo cercando…

Felicità che è culminata nel mio arrivo ad Hydra, meta che mi chiamava da tempo, per ripercorrere le orme di intellettuali e musicisti che, tra gli anni ’60 e ’70, l’anno resa la casa permanente dell’estate. Come Leonard Cohen, le cui poesie tradotte in musica vengono stampate sulle borse souvenir in vendita nei negozietti del porto, la cui abitazione dalle porte blu riposa in uno degli angoli più silenziosi che guardano il blu del mare.

Leonard Cohen house, Hydra

Qui l’accordo perfetto con la mia anima si è realizzato non appena sono sbarcata: gli asini sostituiscono gli autoveicoli come unico mezzo di trasporto, le stradine e le case, perfettamente disegnate, sembrano uscite da un quadro, la quasi assenza di spiagge permette di tuffarsi da angoli di paradiso.

I turisti francesi che avevano popolato le tappe precedenti, qui si sono dispersi lasciando spazio ad Americani, Russi ed Inglesi, molto spesso habituè di questo posto da cartolina, dove Maggie Gyllenhaal ha ambientato il suo primo film da regista, The Lost Daughter, dal romanzo di Elena Ferrante, premio come miglior sceneggiatura al Festival Del Cinema di Venezia appena conclusosi.

Olivia Colman in The Lost Daugher by Maggie Gyllenhaal

E poi la musica, i tramonti, le risate, il dolce far niente….grazie…till next time… 😉

I came so far for beauty
I left so much behind
My patience and my family
My masterpiece unsigned
I thought I’d be rewarded
For such a lonely choice
And surely she would answer
To such a very hopeless voiceI practiced on my sainthood
I gave to one and all
But the rumours of my virtue
They moved her not at allI changed my style to silver
I changed my clothes to black
And where I would surrender
Now I would attack I stormed the old casino
For the money and the flesh
And I myself decided
What was rotten and what was fresh
And men to do my bidding
And broken bones to teach
The value of my pardon
The shadow of my reach
But no, I could not touch her
With such a heavy hand
Her star beyond my order
Her nakedness unmanned
I came so far for beauty
I left so much behind
My patience and my family
My masterpiece unsigned

Leonard Cohen